GASTRONOMIA: I SAPORI DI SARDEGNA
Il torrone solitamente veniva preparato dalle donne che usavano un grande paiolo di rame “Su Gheddargiu”, dove al suo interno, si faceva sciogliere il miele, mescolando continuamente con un bastone di legno chiamato “sa morriga”. Una volta sciolto il miele, si aggiungevano a fuoco spento, gli albumi e si continuava a mescolare per mezz’ora per poi riporre l’impasto sulla fiamma per almeno 2 ore. Solo in seguito si aggiungeva la frutta secca all’impasto che veniva ricoperto con doppio strato di ostia che si metteva dentro degli stampi avvolti da carta oleata.
Col torrone non si scherza mai, tanto che pare abbia stretto un patto con tutti i dentisti!! Ma quando si parla di gusto e di buon torrone sardo non si può che parlare di Tonara, un bellissimo paese di montagna nel cuore del Gennargentu. Tonara deve la sua origine alla Barbagia dove si colloca intorno alla metà del 1800. In questo periodo si hanno le prime segnalazioni sulla produzione del torrone e dei torronai tonaresi “Sos Torronargios” che, con carretti di legno, si spostavano di paese in paese percorrendo diversi chilometri per raggiungere feste e sagre paesane in tutta la Sardegna. E così, nel 1963 Salvatore Pruneddu, apre il primo torronificio con macchine elettriche a Tonara, che dopo sessanta anni, conta una decina di fabbriche che danno occupazione a tante persone in paese. Il torrone solitamente veniva preparato dalle donne che usavano un grande paiolo di rame “Su Gheddargiu”, dove al suo interno, facevano sciogliere il miele, mescolando continuamente con un bastone di legno chiamato “sa morriga”, che deriva dal verbo (morigare= mescolare). Una volta sciolto il miele, si aggiungevano a fuoco spento, gli albumi e si continuava a mescolare per mezz’ora per poi riporre tutto l’impasto sulla fiamma per almeno 2 ore. Solo in seguito si aggiungeva la frutta secca e l’impasto veniva ricoperto con doppio strato di ostia che si metteva dentro degli stampi avvolti da carta oleata. Chi non aveva i macchinari, lo preparava a casa con l’aiuto dei parenti per occasioni importanti come matrimoni, battesimi o un giorno di festa. Tutti partecipavano alla sua realizzazione cosa che oggi non succede più. Uno dei motivi di questo abbandono è proprio la lunga preparazione e l’impegno che richiede tempo e forza di braccia e di mani. Ecco perché sono rimasti con il tempo, i produttori locali che, per espandere il loro mercato e per accontentare i gusti dei clienti hanno inserito nuovi gusti. In questo modo il torrone ha avuto un’evoluzione sia per gli ingredienti che lo compongono, sia per il particolare sistema di confezionamento. Oggi, infatti, sul mercato troviamo il torrone con il miele di Corbezzolo, Castagno, Cardo, Millefiori, Eucalipto, Asfodelo, Rosmarino e Timo, e quale novità, quella al miele di macchia mediterranea. Ma lo troviamo anche aromatizzato al mirto e al limone unita alla solita frutta secca. Qualcuno già azzarda a confezionarlo con il cioccolato ma le preferenze dei consumatori rimangono sempre quelle classiche del torrone fatto da miele senza aggiunta di glucosio e altri zuccheri. Il torrone viene confezionato in diversi formati: in commercio si trovano i pacchetti, le stecche virali e, per ultimo sono stati introdotti “I Torroncini”, comode monoporzioni confezionate singolarmente. C’è da dire che è solo grazie alle sagre paesane il “torrone di Tonara” ha avuto la sua espansione e il suo apprezzamento, dove i torronai non mancavano mai. Da qui la nascita di una vera e propria Sagra del Torrone che si tiene ogni anno il lunedì di Pasquetta e, nata nel 1979, ancora oggi vanta una presenza di circa 20.000 persone. Durante tutto il giorno si può degustare il torrone caldo appena uscito da “Sa forredda”, fornello di mattoni riscaldati con legno di agrifoglio lavorato lentamente a mano come si preparava nel passato. La costruzione de “Sa forredda”, situata al centro del paese, può essere ammirata durante tutto l’anno e non solo in occasioni speciali come la sagra ma anche durante il resto dell’anno. Tutti i vecchi torronai tonaresi hanno tramandato negli anni il mestiere ai propri figli anche se, con la crisi del commercio e con la presenza del torrone in tutti i negozi e nelle grandi catene di distribuzione, si è persa l’importanza della figura del torronaio. Tra quelli rimasti, per valorizzare e tutelare il prodotto d’eccellenza di cui il centro barbaricino ne è la capitale indiscussa, hanno deciso di riunirsi per creare un marchio comune che certifichi qualità e provenienza, e che attesti il rispetto della lavorazione artigianale in contrasto con le varie forme di plagio e clonazione che ne sviliscono l’autenticità.
Flora Gessa